26 GIUGNO 2020 – Giornata internazionale per le vittime di tortura
La tortura nega la dignità dell'essere umano
Praticata per scoraggiare il dissenso verso chi esercita il potere, il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale una persona – funzionario pubblico o qualsiasi altro soggetto – infligge ad un’altra dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, per ottenere informazioni o confessioni, per punirla per un atto commesso o che è sospettata di aver commesso, per intimidirla od esercitare pressioni su di lei o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione.
Istituita il 12 dicembre 1997 dall’Assemblea generale dell’ONU in occasione del 50° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, prendendo spunto dall’articolo 5:
“nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura,
a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradanti”
facendo così seguito alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (UNCAT) entrata in vigore proprio il 26 giugno, nel 1987.
A 33 anni dall’entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata da oltre 157 paesi, ci sono dei governi del mondo che utilizzano ancora metodi rudimentali o sofisticati di tortura per estorcere informazioni, ottenere confessioni, mettere a tacere il dissenso o semplicemente come forma di punizione. Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha denunciato casi, isolati o regolari, di tortura o altri maltrattamenti in 141 paesi.
Il nostro pensiero non può non andare a Giulio Regeni rapito il 25 gennaio del 2016 al Cairo, torturato e ucciso da apparati egiziani in circostanze che restano ancora oggi misteriose.
Come misteriose restano le circostanze dell’arresto, il 7 febbraio scorso, di Patrick Zaky – lo studente egiziano che all’Università di Bologna seguiva un master europeo sugli studi di genere- all’aeroporto del Cairo, dove era atterrato dall’Italia per una breve vacanza in famiglia. Di Zaky si sono subito perse le tracce per quasi 24 ore. Un buco nero in cui il giovane, secondo Amnesty International, avrebbe subito un interrogatorio durissimo e interminabile, bendato, ammanettato tutto il tempo, con minacce, colpi a stomaco, schiena e scosse elettriche. Torture che l’hanno “psicologicamente distrutto”. In un’intervista a Repubblica la famiglia ha riferito che Patrick è stato torturato perché volevano conoscere “i suoi legami con l’Italia e con la famiglia di Giulio Regeni.”
David Sassoli, Presidente del Parlamento Ue, richiama i colleghi di Strasburgo sul caso, chiedendo l’immediato rilascio del ricercatore Zaki che rischia fino all’ergastolo.
Ma l’Italia non è certo esente da casi di tortura basti ricordare:
Stefano Cucchi, deceduto a seguito delle violenze subite durante la sua detenzione del tutto pari alla tortura, come riconosciuto dalla sentenza che ha condannato, a novembre 2019, gli agenti della polizia penitenziaria colpevoli di “Azione ingiustificabile e violenta. Uso distorto dei poteri di coercizione”, dopo dieci anni di battaglie e attese da parte della famiglia.
Gli eventi di Bolzaneto e della scuola Diaz durante il G8 del 2001 a Genova per i quali la Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato l’Italia.
In tempi recenti le preoccupazioni in merito alla protezione della sicurezza e delle frontiere nazionali vengono utilizzate per consentire la tortura e altre forme di trattamento crudele, degradante e disumano. È quindi importante ribadire la condanna di questo crimine e fornire un adeguato supporto alle vittime e alle loro famiglie.
Le torture in Libia che hanno indignato e addolorato Papa Francesco :