2 DICEMBRE – Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù

2 DICEMBRE – Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù

Nel terzo millennio ridotte in schiavitù più persone rispetto a qualsiasi altro periodo storico

Istituita dall’ONU per ricordare il 2 dicembre 1949, data di approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui e radicata sull’art.4 della Dichiarazione universale dei diritti umani

"La schiavitù è stata la prima violazione dei diritti umani di cui ci si è occupati a livello internazionale. Essa richiede oggi lo sguardo vigilante di noi tutti perché si riesca a sradicarla in maniera definitiva. Nessun essere umano è proprietà altrui."

(Kofi Annan, Segretario Generale dell'Onu, in occasione dell’Anno Internazionale per l’abolizione della schiavitù, il 2004)

La parola “schiavitù” spesso rievoca immagini di ceppi e navi della tratta transatlantica, raffigurazioni che sembrano saldamente confinate al passato (a quella tragedia è dedicata, il 25 marzo, la Giornata Internazionale di commemorazione delle vittime delle schiavitù e della tratta transatlantica). Gli esperti hanno calcolato che tra il quindicesimo e il diciannovesimo secolo, circa 13 milioni di persone sono state catturate e vendute come schiave. Oggi l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) dell’Onu stima che 40,3 milioni di persone, più del triplo rispetto al periodo della tratta transatlantica, vivano in una qualche forma di moderna schiavitù, alimentando un enorme business per   traffico di esseri umani, sfruttamento lavorativo, sessuale, anche di bambini e minori, lavori domestici forzati: una  pratica più disumana dell’altra che riguarda tutti i Paesi del mondo specie in settori come agricoltura, pesca, artigianato, estrazione mineraria, ristorazione, servizi e lavori domestici.
Senza dimenticare i bambini che vivono nelle zone di guerra. Secondo i dati dell’Unicef, sono circa 250mila i bambini attivamente coinvolti nei conflitti che dilaniano 42 Paesi in tutto il mondo. Questi bambini operano come soldati, facchini, spie, messaggeri.

 

UNO SGUARDO STORICO AL PERCORSO DI UMANIZZAZIONE

La Carta dei diritti dell’uomo all’articolo 5 vieta espressamente la tratta degli esseri umani. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”. E’ il perentorio divieto contenuto nell’articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti umani, sostanzialmente ribadito dall’articolo 8 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, con l’aggiunta che “nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”. Il divieto è tra i più antichi del diritto internazionale consuetudinario. Risale al 1815 una Dichiarazione sull’abolizione della tratta degli schiavi, seguita da numerosi Trattati e Convenzioni internazionali: tra gli altri, la Convenzione del 1949 per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui, il Protocollo del 2000 sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla Convenzione contro il crimine transnazionale organizzato, il Protocollo alla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza riguardante il traffico, la prostituzione e la pornografia infantile. Sul piano europeo si segnalano la Convenzione del 2000 del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani e la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea dell’aprile 2011 per la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.

Ciò, “malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme ... ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”
(Papa Francesco, Messaggio per la Giornata della Pace, gennaio 2015, Non più schiavi ma fratelli)