11 FEBBRAIO – XXIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

11 FEBBRAIO – XXIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

La relazione di fiducia alla base della cura dei malati

Il tema della Giornata di quest’anno – che si celebra nella festività della Beata Vergine Maria di Lourdes- si ispira al brano evangelico in cui Gesù critica l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno: “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8). Quando si riduce la fede a sterili esercizi verbali, senza coinvolgersi nella storia e nelle necessità dell’altro, allora viene meno la coerenza tra il credo professato e il vissuto reale. Il rischio è grave; per questo Gesù usa espressioni forti, per mettere in guardia dal pericolo di scivolare nell’idolatria di sé stessi, e afferma: «Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli».

“L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. La condizione di creaturalità diventa ancora più nitida e sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro «affannarci» (cfr Mt 6,27)”.

“La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una risposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutarci in questa faticosa ricerca”.

Giobbe, dipinto su una parete della cascina Galbusera Nera
nel Parco regionale di Montevecchia e della valle del Curone

“Emblematica è, al riguardo, la figura biblica di Giobbe. La moglie e gli amici non riescono ad accompagnarlo nella sua sventura, anzi lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Giobbe precipita in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma proprio attraverso questa estrema fragilità, respingendo ogni ipocrisia e scegliendo la via della sincerità verso Dio e verso gli altri, egli fa giungere il suo grido insistente a Dio, il quale alla fine risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una punizione o un castigo, non è nemmeno uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua indifferenza. Così, dal cuore ferito e risanato di Giobbe, sgorga quella vibrante e commossa dichiarazione al Signore: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5)”.
(cfr Messaggio di Papa Francesco)

Giobbe e il misero della vita nel dipinto di Marc Chagall